Era un ragazzo normale, come tanti altri: semplice, ordinario, genuino. La differenza consisteva nel titolo, nel blasone: era un principe ricchissimo, un regnante come Carlo Alberto, vestiva come tutti i giovani: jeans e maglietta, ma la sua tristezza era quasi pari alla sua ricchezza!
Il Principe di Rialto se ne andava in giro per il mondo su una grossa barca, come lui amava definirla; in realtà era un panfilo, uno yacht. Possedeva anche molte case sparse per il mondo: Montecarlo, Costa Azzurra, Caraibi e in altri posti, ma preferiva una vita vagabonda, perché lo faceva sentire più libero e più vivo. Amava il mare, con le sue tempeste, con le sue isole e il loro mondo a volte inesplorato. Non lavorava più da parecchio tempo, un po’ perché non ne aveva bisogno, un po’ perché i medici gli avevano diagnosticato pochi mesi di vita, al massimo un anno. Aveva un tumore al cervello che spesso gli causava dei terribili mal di testa, allora preferiva stare da solo, al buio più completo ed in compagnia del suo amatissimo cane Poker.
L’aveva chiamato così perché amava il gioco d’azzardo. L’aveva trovato per la strada, in uno stato pietoso, impaurito ed un po’ inselvatichito, proprio lì, a Montecarlo, nei pressi del casinò; era un bastardo, aveva qualcosa del volpino; era magnifico: tutto nero con delle chiazze bianche sotto il mento e le zampe. Se l’era portato subito sulla barca, l’aveva nutrito e curato, gli aveva dato un nome; temeva che soffrisse il mal di mare, ma non ci furono problemi.
Il padre di William aveva fondato un impero economico saldissimo, possedeva un’immensa fortuna, in titoli, azioni, banche sparse per il mondo. Dovunque compariva il loro nome, ma anche lui era stato sfortunato, perché ad appena cinquantadue anni era morto in modo banale, era andato a schiantarsi con la sua lussuosa fuoriserie contro un guarda rail, sull’autostrada, a pochi passi da casa.
La moglie l’aveva seguito pochi mesi dopo perché, essendo molto legata a lui, si era ridotta piuttosto male dopo l’incidente e non essendo riuscita a elaborare la perdita del compagno, aveva iniziato a bere ed a drogarsi. Era stata proprio un’ overdose di cocaina a mandarla al Creatore.
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Stiamo valutando una soluzione alternativa.
Ghe pensi mi, così si espresso il Presidente dell'Isola che ha già riunito un'apposita task force che si concentrerà per trovare la soluzione migliore nel minor tempo possibile.
Nel frattempo nell'Isola c'è agitazione.
Pare esistano forme di vita intelligenti.
Il Presidente è sconvolto dalla raggelante novità.
domenica 25 maggio 2008
IL PRINCIPE COMUNE 1a parte
Pubblicato da riri alle 20:12
Etichette: il principe comune, racconto
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4 commenti:
Bravissima riri... lo rileggo con piacere...
un bacione
ciao riri ho assegnato al vostro blog il meme revolution. vieni a leggere da me le regole ciao da angela
Ciao riri. Ho cominciato a leggere la prima parte del tuo lungo racconto. Devo dire che mi incuriosisce
Non avrei potuto leggere gli altri post di questo racconto senza leggere anzitutto il primo.
Saluti
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