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Stiamo valutando una soluzione alternativa.
Ghe pensi mi, così si espresso il Presidente dell'Isola che ha già riunito un'apposita task force che si concentrerà per trovare la soluzione migliore nel minor tempo possibile.
Nel frattempo nell'Isola c'è agitazione.
Pare esistano forme di vita intelligenti.
Il Presidente è sconvolto dalla raggelante novità.


lunedì 22 febbraio 2010

RICORDI DI SCUOLA, ultima parte

Era emigrato infatti in America per lunghi anni e al ritorno si era costruito un gabinetto pensile, con una vasca da bagno, che nessuno mai aveva potuto utilizzare, dato il gran freddo che si sentiva in quel posto gelido e senza condutture di acqua calda. Era rimasta come un grande souvenir, quasi un monumento all’America.
Mi occupavo anche della refezione scolastica e un anno riuscii ad ottenere delle bottiglie di sciroppo ricostituente (erano state la fissazione dei miei genitori), che distribuivo alle mamme degli alunni più magrolini.
Un giorno se ne presentò una, aggressiva, a pretendere lo sciroppo per il figlio che, le feci notare, era un bel bambino florido e robusto.
- M’attocca e me l’jà dà (mi spetta e me lo devi dare) - mi disse torva – lasse che doppo ‘o ghietto int’o cesso (lascia che dopo lo butti nel gabinetto).
Le risposi di andarsi a lamentare col direttore didattico a Baiano: non osò andarci, ma io ci rimasi proprio male.
Non avevo saputo spiegarle che “è ingiusto fare parti uguali tra disuguali” (don Lorenzo Milani).
Collaborava con me il parroco del paese, che una volta, accompagnandomi al Patronato di Avellino in macchina, mi fece uno strano e tortuoso discorso, dal quale risultava che, in altre occasioni… con altre signorine…poi le aveva lui stesso assolte in confessione…
Gli risposi che non mi sarei mai confessata, perché da quando studiavo Filosofia, non ero più praticante…Lui non osò insistere.
Nel ’58 ci furono le elezioni e in paese arrivò la DC (Democrazia Cristiana), con un enorme scudo crociato in cima alla porta della locale sezione del partito, di lampadine bianche e rosse, che di sera restavano accese e illuminavano la piazzetta.
- Signurì – dicevano gli alunni estasiati – pare ‘a allummata! – (luci della festa).
Arrivò anche la televisione, nell’unico bar del paese. La mattina gli alunni mi raccontavano episodi degli spettacoli visti la sera precedente:
Una volta, dopo aver visto “Romeo e Giulietta”, cominciarono a narrarmi la trama, confusamente, dandosi sulla voce gli uni con gli altri, tanto ne erano stati presi. La scena del verone sulle loro bocche suonava così:
Giulietta ‘mpettola (in camicia da notte) ascette fora ‘o barcone e Romeo ‘a sotto ‘a teneva mente (uscì sul balcone e Romeo di sotto la guardava), aroppa se pagliuccava co’ frate cucino d’essa e l’accerette (dopo duellò col cugino di lei e l’uccise): pagliuccarse era proprio darsi le botte.
Ecco un bell’esempio del fatto che, cambiando registro linguistico, la valenza dell’episodio declina dal sublime tragico all’opera dei pupi.
A volte mi trattenevo con gli alunni oltre l’orario scolastico e allora mi facevo accompagnare al treno da S*, con la sua carrozzella.
Una volta cambiò strada e s’inoltrò in aperta campagna, su sentieri di terreno battuto, dove la carrozza procedeva con difficoltà. Gli chiesi: - come mai avete cambiato strada? – (nel meridione è d’uso il voi).
Mi rispose: - di qui si arriva a un campo di grano, dove nessuno ci può vedere…-
S* era un uomo sui quarant’anni, un po’ pingue, piacente credo nel suo contesto, ma per me un estraneo, che in quel momento mi fece paura…La voce mi morì in gola e non seppi far di meglio che mettermi a piangere…Tremavo tutta.
S* mi guardò, fece voltare il cavallo e mi accompagnò alla stazione in silenzio.
A Quadrelle rimasi ad insegnare per otto anni, dal settembre 1952 al giugno 1960.
Per trasferirmi a Napoli dovetti rifare il concorso magistrale e fui assegnata alla scuola di Marianella, una frazione di Napoli.
Una mattina seppi che uno dei bambini era stato investito da un camion sulla Via Nazionale ed era morto all’istante. - Signurì, steve nu piezzo accà, nu piezzo allà (c’era un pezzo di qua, uno di là) si sentì in dovere di ragguagliarmi macabramente un compagno…Era un bambino sensibile: una volta aveva improvvisamente gridato d’entusiasmo, scoprendo il Vesuvio dalla finestra dell’aula…
Successivamente chiesi il trasferimento a Soccavo, sede più vicina al Vomero, dov’ero andata ad abitare con mio marito, un funzionario dell’Ufficio del Lavoro di Avellino, incontrato in treno durante i miei viaggi da pendolare della scuola. Era un poeta: mi aveva scritto struggenti lettere d’amore quando ancora insegnavo a Quadrelle. Me le mandava quotidianamente per espresso: il postino veniva in classe e me le consegnava (dovevo firmargli la ricevuta), guardandomi con occhi e sorriso maliziosi e interrogativi, ma io non aprivo bocca, limitandomi ad arrossire.
Nel 1966, nonostante avessi due gemelle di tre anni e un maschietto di un anno, riuscii a prepararmi e a superare il Concorso a cattedre di Filosofia e cominciai la mia carriera di docente all’Istituto Magistrale di Montesarchio, in provincia di Benevento.
Di nuovo su e giù nei treni, di nuovo le levatacce all’alba…
L’anno dopo ottenni il trasferimento a Pomigliano d’Arco e finalmente a Napoli, al V Magistrale, che in seguito fu intitolato a Tommaso Campanella, l’autore della Città del Sole.
Era il 1968: formidabili quegli anni…
Ci sono rimasta fino al 1991, quando sono andata in pensione.
Dopo molti anni, sono ritornata a Quadrelle in automobile, con mia cognata.
Già il viale d’accesso non era più lo stesso, fiancheggiato da alberi a perdita d’occhio, ma scorreva tra file di mediocri villette, con striminziti giardinetti.
All’entrata del paese, un edificio scolastico nuovo, con tutti i crismi.
S* e la macellaia erano morti, le figlie di quest’ultima mi accolsero con tiepida curiosità: - Siete la signorina Rosaria? -
Solo un’ex alunna mi riconobbe e venne ad abbracciarmi…
Non bisogna disturbare i ricordi: lasciamoli in fondo alla memoria, custoditi dal tempo, che di anno in anno li pàtina di dolcezza e di malinconia…
Per anni ho fatto un sogno ricorrente, con numerose varianti, ma il nucleo era sempre lo stesso: tornavo a Quadrelle, ma non trovavo più la mia classe e mi dicevano che non c’era più posto per me…Il postino aveva smarrito le lettere…
Quadrelle: le esperienze, le novità, le curiosità, gli amori, i bambini…
Quadrelle: la giovinezza…

8 commenti:

giardigno65 ha detto...

i tuoi ricordi non devi disturbarli, ma non farli impigrire ...

Milo ha detto...

Cara R.L.,

la storia dei tuoi ricordi di gioventù è bella e toccante. Molti gli episodi tristi, alcuni davvero significativi di quei tempi.

Si sente però come quei luoghi ti abbiano legata fortemente a sé.

Forse è proprio vero quello che scriveva il poeta libanese Kahlil Gibran:
"Le cose che il bambino ama rimangono nel dominio del cuore fino alla vecchiaia. La cosa più bella della vita è che la nostra anima rimanga ad aleggiare nei luoghi dove una volta giocavamo."

Ciò, io credo vale anche per la giovinezza!

Grazie di averci raccontato di te!

Un saluto e un abbraccio!

^___^

Caterina ha detto...

Le storie del passato ci rimangano per sempre. Mi hai svegliato i miei ricordi da giovane insegnante. É bello riviverli.
Buona giornata e bacini

pierangela ha detto...

ciao a tutti un abbraccio.

il monticiano ha detto...

Quanti bei ricordi e quanta emozione
si prova nei momenti in cui tornano in mente.

Gabry ha detto...

Si percepisce dal tuo racconto che questi ricordi fanno parte di te, sono la tua storia, e tutte le emozioni provate sono ancora vive nel tuo cuore... grazie per averle condivise.

Un abbraccio!

Anonimo ha detto...

Sono viava!
UN saluto a tutti :)

marcella candido cianchetti ha detto...

bello bello certo adesso le maestre difficilmente fanno le pendolari, in compenso hanno riunioni aggiornamenti ecc.... bella giulietta e romeo in napoletano! adesso che hai concluso con i ricordi di scuola perchè non ci racconti del fidanzamento ecc..... buona giornata vasilli